Credito d’imposta per la sanificazione 2020:
Spiacenti…ci voleva la palla di vetro!
Con una recente decisione che ha creato non poche polemiche la Direzione Regionale Lombardia, rispondendo ad una richiesta di interpello si è espressa in modo negativo sulla possibilità di usufruire del credito d’imposta sulle sanificazioni predisposto dal cosiddetto “Decreto Rilancio” in relazione alle spese sostenute da aziende e attività economiche dopo la data del 31 agosto 2020 ma non indicate come da “ancora da sostenere” nella comunicazione telematica approvata con documento dell’Agenzia delle entrate N. 259854 del 2020.
La Direzione Regionale Lombardia prende in rassegna il caso di un’azienda che fino ad agosto 2020 ha sostenuto spese per interventi di sanificazione dei propri locali e che, al fine di fruire del credito d’imposta ai sensi del suddetto articolo 125 D.L. 34/2020, ha indicato tali lavori nella comunicazione poi trasmessa telematicamente.
Non potendo immaginare di dover sostenere, con assoluta certezza, altre spese di questa natura l’azienda non ha ritenuto di indicare nella comunicazione inviata entro il successivo 7 settembre alcun importo con riferimento alle spese “da sostenere” fino al 31 dicembre 2020.
Senonché nel mese di novembre 2020, a seguito del fatto che un collaboratore sia risultato positivo al Covid-19, su indicazione della Asl competente la società ha sostenuto una spesa per una ulteriore sanificazione dei locali per la massima tutela di dipendenti e fornitori.
Certa di aver diritto al credito anche su queste ulteriori spese, in assenza di chiarimenti sul punto, la società ha proposto interpello alla DRE competente ricevendo risposta negativa con argomentazioni che – pur fondate sul dato formale delle disposizioni normative – appaiono prive di qualsiasi logica e che ahimè, presuppongono capacità “divinatorie” in capo alla società richiedente.
Ripercorrere rapidamente il contenuto delle disposizioni sopra richiamate e che si sono via via accavallate ci consente di comprendere meglio quanto accaduto e la logica delle cose:
Il già citato articolo 125, comma 1, D.L. 34/2020 , allo scopo di supportare le aziende nelle spese per sanificazione e acquisto di prodotti disinfettanti, stabiliva prima di tutto che “Al fine di favorire l’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del Covid-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni, spetta un credito d’imposta in misura pari al 60 percento delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l’anno 2020“.
In data 10.07.2020 interviene il previsto provvedimento direttoriale prot. n. 259854/2020 al fine di stabilire che, in relazione al predetto credito, “I soggetti aventi i requisiti previsti dalla legge per accedere ai crediti d’imposta di cui al punto 1.1 comunicano all’Agenzia delle entrate l’ammontare delle spese ammissibili sostenute fino al mese precedente alla data di sottoscrizione della comunicazione e l’importo che prevedono di sostenere successivamente, fino al 31 dicembre 2020“.
Sempre con tale provvedimento viene approvato il modello di Comunicazione delle spese per la sanificazione e l’acquisto dei dispositivi di protezione che poteva essere inviato dal 20 luglio al 7 settembre 2020 e viene previsto che l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile sia pari al credito d’imposta richiesto moltiplicato per la percentuale resa nota con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro l’11 settembre 2020. Detta percentuale era ottenuta rapportando il limite complessivo di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti dalla totalità delle aziende (con già piuttosto palese l’idea di una coperta molto corta)
Con il successivo provvedimento direttoriale prot. n. 302181/2020 infatti, l’Agenzia ha poi reso nota la definitiva percentuale, ovvero il 15,6 per cento, cifra davvero esigua che, sulla base delle spese comunicate ed il conseguente importo del credito teorico avrebbe appunto consentito di ottenere il credito d’imposta massimo utilizzabile dal contribuente e visualizzato all’interno del proprio cassetto fiscale.
A tal fine, e per consentire ai beneficiari e agli eventuali cessionari l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta in oggetto è stato dunque definito un apposito codice tributo “6917”, denominato “Credito d’imposta sanificazione e acquisto dispositivi di protezione -articolo 125 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34″.
La Direzione Regionale Lombardia DRE Lombardia, dopo il successivo rifinanziamento di tale decreto, ha riconfermato che “Le maggiori risorse rese disponibili hanno consentito di rideterminare la percentuale utilizzabile al fine di quantificare il credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun contribuente, ma sempre sulla base dei dati, già noti all’Agenzia delle entrate, relativi alle spese comunicate entro il 7 settembre 2020” e che “l’importo delle spese comunicate entro il 7 settembre 2020 è quello che, in via definitiva, consente di individuare, per tale credito, la quota dello stesso effettivamente fruibile, in proporzione alle risorse disponibili”.
In pratica, secondo la DRE, le spese di sanificazione sostenute successivamente al 7 settembre 2020, e non comunicate, non possono rilevare ai fini della quantificazione del credito d’imposta fruibile con la conseguenza che il credito d’imposta utilizzabile è sempre e solo quello il cui importo è visualizzabile nel cassetto fiscale della società fino a quella data.
L’aspetto paradossale è che una ipotetica azienda con scarso rispetto delle regole e con intenti più o meno maliziosi avrebbe potuto trarre a proprio vantaggio questa situazione “immaginando” in fase di compilazione del modulo telematico delle spese da effettuare per future sanificazioni e sulle quali avrebbe ottenuto copertura per il relativo credito d’imposta (a prescindere dal reale esborso), mentre una società attenta ad ogni aspetto di forma per paradosso non si sarebbe vista riconoscere importi realmente spesi e non prevedibili (come è ovvio che fosse) per il periodo tra Settembre e Dicembre 2020.
Tutto ciò con danno evidente per la platea dei reali aventi diritto e una ulteriore possibilità di trarre profitto da una “svista” di legge, o per meglio dire una incongruenza, per i soliti furbi.
Una lezione, questa, davvero poco educativa e seria che per l’ennesima volta proviene proprio da chi dovrebbe emanare e far rispettare regole semplici, chiare, sensate e lungimiranti