Alcuni recenti fatti di cronaca hanno messo nuovamente in luce, sui media locali e nazionali, il problema della sindrome da accumulo compulsivo, che può riguardare sia oggetti, cibo e rifiuti che gli animali domestici.
Una sottocategoria di quella drammatica situazione di isolamento domestico e infinito disagio che abbiamo oramai imparato a descrivere in breve come “barbonismo”, e che la nostra azienda segue da anni avendo maturato una specifica competenza in trattamento di pulizie e disinfezioni speciali in tutto il Nord Italia.
Durante il mese di Dicembre 2021 l’Enpa di Brescia, che svolge alcuni delicati compiti anche in questo ambito, è stata contattata dal proprietario di un appartamento per intervenire d’urgenza in una situazione di lungo e profondo disagio causata proprio dall’ accumulo di animali da parte del precedente inquilino dello stesso, oramai sfrattato.
All’interno di un’abitazione privata, infatti, l’inquilino teneva in condizioni igieniche e di salute davvero indicibili, oltre 60 gatti stipati in ogni stanza ed anfratto dell’immobile, con conseguenze sull’igiene e sulla sicurezza non soltanto per se stesso ma anche per il vicinato, esasperato per i miasmi e gli ovvi pericoli per l’incolumità generale ; i felini, difatti, erano per la gran parte positivi alla FIV, la sindrome da immunodeficienza che può colpire questi splendidi animali, oltre che molto denutriti e disidratati, quasi scheletrici.
Solo l’intervento congiunto di forze dell’ordine e volontari delle associazioni animaliste ha potuto consentire di svolgere il lavoro di recupero dei malandati gatti in maniera efficace, smistandoli poi in molti rifugi e gattili della Regione che si sono prestati ad ospitarne una parte, oltre a prestare le cure veterinarie urgenti e necessarie fin dall’immediato.
La grave situazione di disagio sociale si protraeva oramai da parecchi anni e soltanto con la fase dello sfratto, giunta oramai ad esecuzione, il proprietario dell’immobile ha potuto rendersi conto di quanto compromessa fosse la situazione all’interno del proprio appartamento.
L’enorme numero di animali accumulati, come quasi sempre in questi casi, non era il frutto della continua “raccolta” di nuovi cuccioli o adulti, magari sottratti a vicini o da colonie feline, ma l’esito della mancata sterilizzazione dei gatti di casa protratta per anni e anni e divenuta col tempo del tutto incontrollabile.
I felini infatti erano tutti privi di microchip, obbligatorio in Lombardia oramai da due anni anche per questa specie e, da una rapida analisi, è emerso chiaramente che si trattasse di consanguinei che hanno continuato a riprodursi tra loro senza alcun argine e senza controllo con tutti i rischi del caso.
Pochi mesi fa le cronache hanno raccontato di un fatto analogo a Monza, nel quartiere di San Rocco ; una persona teneva in casa circa una trentina di felini, che vivevano sostanzialmente in una discarica sommersa da rifiuti, deiezioni e anche, purtroppo, da carcasse di animali defunti; un caso di accumulo seriale forse ancora più grave di quello di Brescia, date le condizioni igieniche e di salute dello stesso individuo che non si separava neppure dalla propria immondizia e del cibo scaduto da molti anni.
In questo caso, invece dello sfratto, è stata una malattia ad essere in qualche maniera provvidenziale; la persona colpita da “Sindrome di Diogene”, o “barbonismo domestico” ha dovuto farsi ricoverare in ospedale per una seria malattia che ha finito, tragicamente, per ucciderlo e poco prima di lasciare casa ha chiesto ad un conoscente di badare alla casa e ai suoi animali.
Nessuno tra i vicini e tra i pochi amici era a conoscenza della sconcertante situazione che il conoscente si è trovato davanti ai propri occhi ; in casa non erano presenti soltanto gatti ma anche un gran numero di animali da cortile di varia specie, molti altri dei quali confinati in un “giardino” oramai avvolta da una vegetazione spessa e impenetrabile, oramai fondale ad una discarica all’aperto in miniatura, ricca non solo di ordinari rifiuti domestici ma anche di rottami di vario genere e in materiali pericolosi, oltre ad altre numerose carcasse di animali accumulate in giro.
In considerazione dei miasmi e della quantità di oggetti accumulati anche all’esterno è difficile pensare che davvero nessuno possa essersi accorto di quanto stesse accadendo, e anche in questo caso possiamo parlare di un dramma consumato nella solitudine e nell’indifferenza più o meno generale, pur sapendo noi stessi bene per esperienza quanto sia complicato affrontare questo discorso con persone che, pur colpite da una grave forma di disagio, negano l’esistenza del problema e ancor peggio rifiutano quasi ogni rapporto con l’esterno e dunque anche la possibilità di un minimo confronto.
L’animal hoarding è una forma piuttosto estrema ma diffusa più di quanto si potrebbe immaginare, di “disturbo da accumulo”, che riguarda appunto la raccolta incontrollata e senza alcun limite di ragionevolezza di un grande numero di animali, senza che a questi ultimi venga al contempo offerto un livello minimo accettabile di nutrizione, igiene e al bisogno adeguate cure veterinarie.
Questo accade anche perché spesso, gli “animal hoarders”, non sono economicamente e socialmente in grado di provvedere in caso di peggioramento delle condizioni dei propri animali, quando ad esempio si ammalano, né di curare l’ambiente in cui vivono qualora dovesse essere necessario svolgere lavori (ad esempio agli impianti, o di sgombero e trasloco) rendendo i locali di casa decisamente insalubri ; una connotazione, quella delle precarie condizioni economiche, che spesso contraddistingue questa tipologia di accumulatori da altri, spesso in una situazione più florida dal punto di vista della possibilità di spesa pur nel proprio infinito disagio.
Da recenti studi, emerge come oltre il 70 % degli “animal hoarders” siano di sesso femminile e quasi sempre persone di età adulta, dai 40 anni in su; Il numero medio di animali accumulati da chi soffre di questa patologia è impressionante, stagliandosi attorno ai 30, ma incredibili picchi oltre i 100 per abitazioni di campagna o ville e case indipendenti ; gli accumulatori, pur ritenendosi “innamorati” dei propri animali e maniacalmente attaccati ad essi, sono spesso ignari e, di fatto, indifferenti di fronte alle sofferenze degli stessi, ritirandosi da qualunque contatto sociale davanti alle prime rimostranze o critiche da parte di parenti, vicini di casa e amici, con tutte le conseguenze che questa tipologia di isolamento avrà in seguito.
Un attaccamento estremo che ha però la paradossale conseguenza di una totale e completa negligenza nei confronti delle cure minime essenziali necessarie per la salute, una compulsione che rende ciechi anche quando viene offerta assistenza gratuita e supporto da parte di associazioni di volontari del territorio.
Questo disturbo è infatti caratterizzato, più di altri, dalla totale mancanza del cosiddetto “insight, ovvero l’auto-percezione, anche parziale, che i propri comportamenti e il proprio stile di vita siano disfunzionali e problematici.
Tratto caratteristico dei soggetti affetti da questa tipologia di disagio mentale è infatti la necessità di esercitare un poter di controllo, come prima ed istintiva reazione di fronte a paure ed incertezze, al timore dell’abbandono, alla solitudine se non al pensiero della morte stessa.
Se l’assenza, la scomparsa o la morte di un animale può creare totale sconforto, se non ansia patologica, accumularne molti significa in qualche maniera “tutelarsi” dall’infausto evento che dovrà prima o poi verificarsi; l’atto estremo che consegue a questa forma di disagio è la non accettazione della morte degli animali stessi, anche nel caso di accumulo, e spesso i malati non riescono a liberarsi neppure dei corpi morti tenendoli con sé, nelle intenzioni, per sempre.